di Francesca Vittoria Imperatori, II anno del biennio specialistico di Arti Visive Contemporanee (A.A. 2021/22)
Classe 1998, frequento l’ultimo anno del biennio in Arti Visive Contemporanee presso l’Accademia Di Belle Arti SantaGiulia a Brescia. Mi sono diplomata in Pittura presso la medesima Accademia. Durante il secondo anno accademico ho frequentato un semestre presso l’ESA Saint-Luc di Liegi in Belgio, dove ho avuto l’occasione di apprendere, conoscere ed approfondire lo studio dell’arte.
– Francesca Vittoria Imperatori
Ho conseguito il diploma di maturità in Arti Figurative presso il Liceo Scientifico Statale Leonardo di Brescia.
Concept dell’opera Kokoro
Per l’ideazione di questo progetto mi sono ispirata alla filosofia zen e al suo tipico giardino. Infatti, nella secolare cultura giapponese, il giardino è un luogo di riflessione i cui elementi naturali sono in grado di nutrire la mente e il corpo, favorendo dunque la meditazione. Il giardino zen non solo rappresenta, allegoricamente, lo scorrere del tempo ma anche il costante fluire dell’energia vitale della natura.
Il termine natura in giapponese (e cinese) è shizen (o jinen) 自然 che vuol dire letteralmente “essere così come si è da se stessi” a significare che la natura si produce da se stessa (non da Dio come in Occidente) in un processo completamente autoctono, autoreferenziale ed endogeno. Nessuna forza esterna, né l’uomo né altre entità la producono e ne permettono lo sviluppo. La natura, priva di un ego, scevra da egoismo, pura e incontaminata, espressione della genuinità originale è il luogo della manifestazione dell’illuminazione realizzata. Da questo gli esseri umani possono prendere ispirazione e farne un modello. Ascoltare il linguaggio muto della natura che continuamente parla e manifesta l’illuminazione.
Sempre collegata alla cultura zen, che esalta l’imperfezione delle cose, c’è il kintsugi: l’essenza della resilienza. Nella vita di ogni persona si deve cercare il modo di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose, di valorizzarle, esibirle e convincersi che sono proprio queste che rendono ogni persona unica e preziosa. Per questo il kintsugi suggerisce paralleli suggestivi. Non si deve buttare ciò che si rompe. La rottura di un qualcosa non ne rappresenta più la fine. Le sue fratture diventano trame preziose. Si deve tentare di recuperare, e nel farlo ci si guadagna.
Ho deciso di intitolare il mio progetto Kokoro, dal giapponese cuore, ovvero il cuore dove nel giardino zen è racchiusa la massima essenza.
Oltre all’idea del giardino orientale zen, mi sono ispirata alla concezione del giardino occidentale, caratterizzato soprattutto dal labirinto. I giardini differiscono anche per la concezione di bellezza che in occidente è costituita dalla perfezione dell’armonia delle forme, mentre in oriente dall’imperfezione dell’armonia delle forme.
Poiché secondo la filosofia zen la natura è essere così come si è da se stessi, ho pensato di utilizzare uno specchio che riflette la natura in se stesso. Lo specchio al centro verrà colpito in modo da creare delle crepe che ricordano sia le crepe del terreno, ma anche quelle che vengono esaltate nell’arte dal kintsugi. In questo caso, però, non verrà utilizzata la colla oro come da tradizione. Al centro della spaccatura inserirò il terreno locale, con i semi di un fiore. Così il materiale che andrà a riparare le crepe sarà la pianta stessa che crescerà e troverà lì spazio.