di Giorgio Carera Quarena, II anno del biennio specialistico di Decorazione Artistica (A.A. 2021/22), e Mirko Ramera, III anno di Nuove tecnologie (A.A. 2021/22)
Mi chiamo Giorgio Carera Quarena, sono un artista decoratore appassionato di arte antica anche se però non mi rifaccio a evidenti modelli classici greci. La mia ricerca artistica tenta di coniugare l’arte antica, l’arte medioevale e quella moderna in una chiave e visione contemporanea, con l’obbiettivo di riportare conoscenze, tradizioni e tecniche del passato in una contemporaneità a mio avviso troppo individualista e fluida. Personalmente anche rifacendomi agli studi di Carl Gustave Jung voglio esprimere un inconscio collettivo di forme e colori che nella decorazione trascende i secoli.
– Giorgio Carera Quarena
Mi chiamo Mirko Ramera, mi occupo principalmente della produzione audiovisiva: elaboro prodotti legati sia all’ambito del video che al sonoro, cercando talvolta di coniugare queste discipline.
– Mirko Ramera
Spesso il mio lavoro è volto a valorizzare un’opera d’arte già realizzata ricreando un paesaggio sonoro (o tappeto sonoro) affine all’emozione e al concetto legato all’opera, proposto dall’artista, marcandone tali elementi; è il caso per esempio dell’opera Tessere di Vite, proposta per Ca’ del Bosco.
Concept dell’opera Tessere di vite
di Giorgio Carera Quarena
Dopo la visita alle cantine sono rimasto affascinato da come l’azienda Ca’ del Bosco abbia saputo sapientemente miscelare l’innovazione con il rispetto della tradizione.
Per il mio pannello decorativo ho preparato una proposta, come da volontà del committente, che coniuga l’arte con l’arte vinicola. Ho scelto di utilizzare il mosaico, una tecnica che risale a più di 5000 anni fa e che gode di una tradizione millenaria
come la viticultura, ma proponendolo in chiave contemporanea.
Per realizzare l’opera Tessere di vite ho utilizzato i sassi per rappresentare il terreno morenico, peculiare in Franciacorta, una terra nata dallo scioglimento di un ghiacciaio e che, grazie ai detriti, ha visto la nascita delle tipiche colline moreniche. Il pietrame che le compone fu usato per secoli nella costruzione di abitazioni e dei tipici muri a secco che circondano i vigneti. Inoltre il suolo morenico è ricco di minerali, fondamentali per la crescita della vite.
Per il lavoro i sassi verranno raccolti nelle vigne di Ca’ del Bosco in modo tale che l’opera d’arte e i terreni della cantina siano una cosa unica. Altro elemento caratterizzante sono i vetri, recuperati dalle bottiglie utilizzate dall’azienda.
Tessere di vite è un’opera iconica composta di elementi astratti. Essa mostra da una prospettiva aerea i filari di vite, riprodotti da cocci di vetro, e il terreno morenico, rappresentato dai sassi.
Il vetro trasparente inserito sopra la malta colorata di giallo, con i suoi riflessi e luccichii vuole significare che le viti e quindi l’azienda Ca’ del Bosco impreziosiscono il territorio: il giallo infatti oltre ad essere un richiamo visivo
al contenuto delle bottiglie, è anche il colore dell’oro simbolo di ciò che è prezioso, e del sole, quindi un colore che vuole significare calore, energia vitale.
L’opera gioca sull’alternanza tra la preziosità dei vetri e le pietre grezze, l’avvicendarsi di questi due elementi e il loro equilibrio che genera vita e bellezza.
Essendo quest’opera un mosaico cioè una forma d’arte longeva e resistente allo scorrere del tempo, porterà questi concetti e questo amore per il territorio verso l’infinito, verso l’eterno.
Contributo multimediale Connected Life
di Mirko Ramera
L’idea alla base della composizione realizzata è una metafora che rappresenta il suono della terra, della natura, dell’essere umano e del suo contributo per lo sviluppo di questo territorio. Nel caso specifico racconta di una persona che coltiva il proprio vigneto dando vita ad un terreno povero.
All’inizio della composizione Connected Life, possiamo percepire un vento forte che si propaga sul terreno desolato, privo di qualsiasi bellezza sonora, successivamente subentrano nella composizione dei rumori: alcuni passi, la terra che viene smossa, attrezzi, che rappresentano una persona che coltiva il terreno estrapolandone i frutti che ne derivano. Il frutto è rappresentato attraverso un suono molto tranquillo e sereno.
Successivamente torniamo a concertarci sulla figura umana che ritorna e da vita ad un suono più passionale e marcato; infine il paesaggio sonoro va a sovrastare il vento e quello che rimane di quel paesaggio povero che c’era in precedenza.